Mio nonno, arrivato a ottan’anni, dichiarò che aveva fatto la sua vita, nel bene e nel male, e avrebbe accettato la morte senza recriminare troppo. In fondo, diceva, da una stalla della pianura padana era arrivato a dirigere uno dei licei più prestigiosi della capitale, riempiendosi la vita di anni all’estero, libri, guerre, figli, studio, nipoti, citazioni dotte e continue manifestazioni di stima, cosa altro avrebbe dovuto fare?
(Poi, al dunque, anche per lui non è stato facile, ma questo potevamo immaginarlo).
Ma io, di mio, posso dire che fin da piccolissima ero arciconvinta che un giorno sarebbero venuti degli alieni da un altro pianeta per portarmi via con loro. Davvero non riesco più a ricostruire la ragione di questa fantasia – era sicuramente prima che cominciassi a riempirmi la testa di fantascienza, e d’altra parte volevo bene ai genitori e mi piaceva la mia famiglia. Solo che.
In alternativa, andrebbe bene anche se si venisse poi a scoprire che la morte è un passaggio segreto da un universo all’altro – uno dove magari puoi fare meglio quello che fin qui non t’è venuto bene, oppure farlo peggio, se ti piace.
Ma se proprio non vanno bene né gli alieni né altri mondi, una morte gloriosa è quello che ci vuole, una cosa epica che venga ricordata in tutte le edizioni a venire dell’enciclopedia galattica – niente cadute dalle scale mentre porti tremila sacchetti della spesa, ché poi si spiaccicano le uova e si scivola sui cespi umidi di insalata. Non è cosa.
Un bel morir.
Questa mi fa particolarmente piacere, per la scelta del romanzo, of course! Un modo estremamente laico di reinterpretare la morte e il ciclo della vita che continua, con quel pizzico di destino che si confà anche a chi è ateo, e pur cultore della trama. E che dunque ben si sposa anche con l’idea scientifica delle coincidenze inevitabili, per dirla con l’Ozio premio Nobel.
Grazie, cara!
Un tema che mi ha messo in crisi. Avrei continuato a cambiare idea decine di altre volte!
e infatti hai scelto un libro in cui si muore decine di volte: perfetta sintesi. 🙂
Non credo che esista un modo bello di morire, ma credo che questo sia un problema mio.
Io spero però che i nostri corpi un giorno faranno parte di un bel diamante, dopo la fine del Sole. Sarà una fine gloriosa. 🙂
(Mi hanno incuriosito le tue origini, in parte padane.)
Un modo bello magari no, molti modi brutti sì, però.
Siamo polvere di stelle, no? 🙂
(Mia madre è di Roma, ma per caso: le sue sorelle sono nate un po’ ovunque. I nonni erano un po’ lombardi, un po’ emiliani, un po’ veneti, un po’ friulani).
Quoto tutto. Soprattutto, che un modo bello forse no. Ma ce ne sono di meglio e di peggio, facciamo pure un distinguo…
Bene, ecco un aspetto che nessuno finora sembra avere considerato: quando la morte NON è la fine di tutto. Almeno, le prime morti ^__^
(ma anche Belli aveva il suo charme, devo dire)